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Come l'Intelligenza Artificiale tecnologia sta iniziando a ridefinire le dinamiche aziendali e il mondo del lavoro.
9 Settembre 2024 - pubblicato in Forma Futuri il Magazine online di Asfor e Apaform - autore Paolo Bruttini
Sono ormai numerose le voci che si esprimono con fiducia verso le prospettive dell’AI. Tra gli altri vale la pena di ricordare Ray Kurzweil che ha predetto che entro il 2030 un’intelligenza artificiale sarà in grado di superare il test di Turing.
Posizioni del tutto diverse quelle del giornalista William Poundstone, candidato due volte al premio Pulitzer, che ha parlato del rischio che vengano creati robot quasi umani, manovrati da malintenzionati per attività non etiche. Oppure del famoso linguista Noam Chomsky che ha definito la AI come un ingombrante motore statistico che dà le risposte più probabili, partendo da molti terabyte di dati e, sostanzialmente dimostrandosi incapace di pensare.
Un tema molto dibattuto che richiede probabilmente un approccio critico. Ovvero la capacità di rimanere aperti alle prospettive che si stanno creando, ma di essere molto attenti a quale impatto si genera su di noi, sui sistemi umani. È sostanzialmente la “saggia” postura che raccomanda Francesco Varanini nel suo recentissimo “Splendori e miserie dell’intelligenza artificiale”. L’autore indica che l’intelligenza artificiale è allo stesso tempo sontuosa, perché in grado di svolgere compiti fino ieri di sola pertinenza umana, ma misera perché destinata a comportarsi come un umano, senza esserlo, e quindi a ingannarlo.
Ciò che bisogna fare è combattere il senso d’impotenza di fronte a una tecnologia che cresce velocemente e che è difficile da comprendere. Bisogna essere cittadini più consapevoli e più responsabili. Coscienti, ed è una mia opinione, che in quella risposta velocissima e circostanziata ai nostri quesiti che ChatGPT ci dà, non solo vi è il rischio di un’allucinazione della macchina, ma vi è il rischio della nostra di allucinazione. Ovvero il materializzarsi della fantasia di una risposta immediata e definitiva alle ansie di inadeguatezza e di potenza che ci abitano. Un paradosso, forse inevitabile, sull’orlo della quarta rivoluzione industriale, che cambierà di molto il mondo che conosciamo.
La raccomandazione di Varanini trova una corrispondenza con le prospettive indicate da uno studio pubblicato dall’Unione Europea e di cui ha recentemente parlato l’Internazionale.
“Le intelligenze artificiali possono aiutare la cittadinanza a comprendere meglio la politica: si possono progettare chatbot con funzione informativa sui principi della vita democratica, sulle questioni politiche, sulle reali posizioni dei politici, sui programmi elettorali e sulle soluzioni proposte dalle forze in campo”, scrive Alberto Puliafito, giornalista, autore dell’articolo.
La macchina se ha un prompt ben scritto (e accessibile) e usa fonti verificate, può fornire quelle informazioni che consentono di valutare la classe politica, comprendere meglio il contenuto delle leggi e aiutare i cittadini a fare proposte generative, mettendo in comune soggetti che le condividono.
Un’illusione? Non proprio. In Kenya si usano già sistemi di intelligenza artificiale per fare politica. I giovani kenioti hanno abbandonato i gruppi WhatsApp che consentivano una partecipazione molto ampia, ma anche la diffusione di molte fake news. Si è invece iniziato a usare strumenti con l’intelligenza artificiale. In questo modo le informazioni politiche sono più comprensibili e accessibili. La legge Finance Bill, ad esempio, ha mobilitato la protesta nel giugno 2024 di decine di migliaia di persone. I chatbot AI amplificano i messaggi del movimento e aiutano le persone a comprendere il disegno di legge. Inoltre, consentono di scoprire i casi di corruzione, in che misura il politico è stato perseguito, oppure scagionato dalle accuse. Ciò è stato possibile anche per l’ecosistema tecnologico presente grazie al quale esiste un grande numero di sviluppatori con la competenza per utilizzare l’intelligenza artificiale.
Poiché ho dedicato gli ultimi dieci anni della mia vita professionale alla ricerca sulle caratteristiche dell’Organizzazione Aperta, è stato per me naturale domandarmi se vi sono strumenti dello stesso tipo per rendere le imprese più aperte e accessibili. La nuova prospettive della sostenibilità richiede infatti che gli stakeholder abbiano una visione più ravvicinata dell’impresa, poiché essa ha la responsabilità di una parte più ampia del sistema a cui appartiene. Non ho trovato molte esperienze in Italia, ma posso citare questa azienda americana Transparency-One che fornisce alle aziende gli strumenti, i dati e le informazioni necessarie per offrire ai consumatori prodotti etici e sostenibili. Tracciano l’intera catena di approvvigionamento, monitorano le conformità e forniscono analisi per gestire i rischi aziendali. L’AI viene utilizzata per analizzare grandi quantità di dati, identificare rischi e fornire analisi predittive che aiutano le aziende partner a prendere decisioni sulla catena di approvvigionamento. Ciò garantisce che i prodotti siano etici attraverso l’adeguamento dei fornitori alle certificazioni.
Credo sia un esempio utile nella direzione che ho indicato. Certo i casi sono molto limitati e quindi bisogna investire in questa direzione.
Mentre lavoravo a questo articolo, mi sono imbattuto nella suggestiva tela del pittore simbolista Cesare Saccaggi intitolata “La piovra”. Mi sembra che possa rappresentare in qualche modo l’ambivalente esperienza che viviamo in questo momento: il giovane, come noi, è colmo di desiderio per la bella e sensuale ragazza, ma solo lo spettatore può vedere quel terribile sguardo di lei, che fa presagire una trasformazione.
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