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Il manager gentile e gli strumenti Nudge

Ci piace pensare a un nuovo mondo in cui i manager possono permettersi una cassetta di strumenti molto più ricca, per lavorare e produrre valore. Un mondo in cui la leadership va oltre la retorica del carisma e investe sulla competenza gestionale.

22 Febbraio  2022 - pubblicato in  Forma Futuri il Magazine online di Asfor e Apaform - autore Paolo Bruttini

 

 

Sono un donatore d’organi ma non l’ho deciso io. O meglio, l’ho deciso rispondendo positivamente a una domanda che mi hanno fatto al momento di rinnovare la carta d’identità. Ho scoperto che questa è un’architettura Nudge, così come il premio Nobel dell’Economia 2017, Richard Thaler, ha teorizzato e raccontato nel piccolo e agile libro da lui scritto insieme a Cass Sunstein (La spinta gentile, Feltrinelli, 2014).

Il tema della gentilezza è molto importante oggi. Tra la crisi del capitalismo e quella delle organizzazioni di lavoro registriamo un disagio altissimo che si esprime ad esempio nel fenomeno della Great Resignation, ovvero l’abbandono del posto da parte di milioni di persone (5,13 in Italia tra gennaio e ottobre 2021  https://www.ilfoglio.it/economia/2022/02/12/news/great-resignation-all-italiana-3681192/).
La fatica a dare un senso e ad avvertire il calore della relazione con i colleghi, sfibrano i rapporti e rendono l’esperienza lavorativa sempre più difficile. Contribuisce anche lo sviluppo della dimensione soggettiva di cui parla lucidamente la filosofa Francesca Rigotti in un volume recente (L’età del singolo, 2021) che dà qualche chiave di lettura per capire l’insofferenza verso le regole e i vincoli nella pandemia.
Una strada per ricostruire il capitale sociale è la gentilezza che si esprime attraverso tre concetti: la delicatezza, la tenerezza e il rispetto. Vi è delicatezza quando ci avviciniamo agli altri con levità. Li invitiamo in una relazione in cui assumiamo lo stesso ritmo dell’altro, giochiamo e rimaniamo in prossimità, quanto basta, per vivere un’esperienza comune. Parliamo di tenerezza invece quando la relazione diventa più intensa al punto da toccare le corde più nascoste. Ciò accade quando le emozioni intense dell’esperienza lavorativa fanno emergere dimensioni profonde e a volte irrisolte. In tal caso diventa necessario farsi toccare da queste emozioni, ma al tempo stesso, accoglierle con garbo e cura. Infine, il rispetto da intendersi come il ningenseisoncho di Toyota: un rispetto molto ampio verso l’azienda, i colleghi, i clienti e l’ambiente. Insomma, una postura che richiede l’accettazione dei nostri limiti e quindi l’adozione di comportamenti sostenibili.
I Nudge nella lingua inglese sono piccoli colpi praticati con il gomito. L’immagine rimanda a un atteggiamento gentile, rispettoso, un po’ complice. Un atteggiamento che ispira simpatia ed evoca quella semplicità necessaria nel contesto complesso che abitiamo.

Con la parola Nudge, Thaler intende architetture cognitive e comportamentali che ci inducono comportamenti positivi, anche di fronte a situazioni complesse. Sono Nudge le istruzioni che riceviamo per installare i software, i segnali che i sensori producono quando andiamo in retromarcia in auto, le opzioni semplificate quando sottoscriviamo un contratto online, ad esempio, su una piattaforma di streaming. È un Nudge quando al rinnovo della carta d’identità viene chiesto a persone, che non ci avevano mai pensato prima, se desiderano diventare donatori d’organi. Il presupposto è quello che Thaler chiama il paternalismo libertario, ovvero scorciatoie che l’individuo è libero di non adottare, ma che sono pensate per non farci fare errori e liberare tempo.

Ho dedicato a questa prospettiva un libro che ho appena pubblicato per Guerini Next, “Nudge Solutions Program”.

Nel volume, insieme al coautore Massimo Lugli, abbiamo raccontato 40 strumenti di facilitazione ad uso di manager, consulenti e formatori da utilizzare quando si analizza un problema, si prende una decisione, si lavora per obiettivi, si genera conoscenza, etc. Infatti, a ben pensarci, nella nostra vita professionale utilizziamo un numero molto limitato di strutture relazionali: scriviamo documenti (comprendendo anche mail o messaggi brevi); facciamo colloqui (in presenza o telefonici o in call) oppure riunioni. In queste situazioni facciamo grosso modo tre cose: presentiamo contenuti (relazione strutturata), facciamo una discussione guidata (semi-strutturazione), oppure una discussione libera (brainstorming).

Come affermano i due studiosi americani Lipmanowicz e McCandless, lo scarso numero e articolazione delle strutture rende la capacità di conduzione fondamentale per il successo di colloqui e riunioni. Bisogna essere dotati nella comunicazione per gestirli bene. Per rendere allora efficaci tutti i manager, e non solo i più carismatici, è molto utile che si imparino degli strumenti per lavorare coi colleghi. Avere uno strumento è molto utile per spingere con gentilezza i collaboratori a dare il loro contributo. Inoltre, uno strumento aiuta il manager a sbagliare di meno.

Gli strumenti sviluppati da practicioner in tutto il mondo, da noi raccolti e descritti, hanno delle caratteristiche comuni che danno la prospettiva di un’evoluzione del ruolo manageriale. Spesso gli strumenti richiedono l’uso di post-it. Ciò indica che i membri del gruppo hanno un contributo da dare agli altri e tutti insieme costruiscono l‘intelligenza collettiva. I post-it si attaccano, si staccano e si possono radunare in gruppi. Sono di tutti e di nessuno e servono per pensare insieme. Il capo coordina i lavori e non è più quello che include o esclude. Semmai facilita le idee e favorisce la condivisione. Infine, poiché tutti partecipano, alla fine tutti saranno più ingaggiati.

Ci piace pensare a un nuovo mondo in cui i manager possono permettersi una cassetta di strumenti molto più ricca, per lavorare e produrre valore. Un mondo in cui la leadership va oltre la retorica del carisma e investe sulla competenza gestionale.

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